18.08.2016 – 15:35
Nuovi risultati dalle ricerche genetiche svolte sull’attrezzatura e gli abiti dell’Uomo venuto dal ghiaccio
Negli ultimi 25 anni sono stati fatti diversi tentativi di determinare le specie animali utilizzate dall’Uomo venuti dal ghiaccio per la realizzazione della sua attrezzatura – un percorso che ci mostra, fra l’altro, l’incredibile sviluppo degli strumenti di ricerca scientifica negli ultimi decenni.
Nel 1992 Joachim Lange pubblicava i risultati preliminari delle sue ricerche al microscopio sui resti di pelliccia rinvenuti con Ötzi. Nello stesso anno anche Willy Groenmann van Waateringe analizzava i resti di pelle al microscopio, fornendo una prima determinazione delle specie animali coinvolte.
A queste prime ricerche, basate sull’osservazione della struttura superficiale dei resti in pelle e pelliccia, fecero seguito i primi tentativi di studio attraverso l’uso di biotecnologie. Nel 2012, un gruppo di ricercatori di Saarbrücken guidati da Klaus Hollemeyer, partendo dall’analisi dei peptidi (PMFS), determinò la quantità di cheratina e collagene contenuta nei campioni e di conseguenza le specie. Nello stesso anno Cristina Olivieri compì le prime analisi genetiche (DNA mitocondriale) su piccoli resti di pelliccia appartenenti al ritrovamento, che non venivano però collegati a nessun capo d’abbigliamento in particolare.
Un team di ricerca dell’Istituto per le Mummie e l’Iceman dell’EURAC, sotto la guida di Niall J. O’Sullivan, presenta oggi i nuovi risultati raggiunti attraverso le analisi genetiche di alcuni campioni provenienti dal complesso dei reperti dell’Uomo venuto dal ghiaccio. Si tratta dell’analisi di nove campioni di pelle e pelliccia e della determinazione del loro DNA mitocondriale.
Le novità:
– la faretra dell’Uomo venuto dal ghiaccio non è stata costruita, come finora ipotizzato, in pelle di camoscio, bensì in pelliccia o pelle di capriolo. Frank Maixner, del team di ricerca, sottolinea comunque il fatto che allo stato delle conoscenze il risultato si può riferire solo al campione prelevato, non necessariamente a tutto il manufatto. Non è dunque escluso che alcune parti della faretra possano essere state realizzate anche in pelle di camoscio;
– anche il campione prelevato dal perizoma ha dato nuovi risultati: finora si era ipotizzata pelle di capra, ora dipecora;
– un laccio delle scarpe è stato realizzato in pelle bovina.
Oltre alla determinazione delle specie coinvolte nella realizzazione dei capi d’abbigliamento e dell’attrezzatura, queste ricerche genetiche ci offrono la possibilità di approfondire la nostra conoscenza della storia della domesticazione, una storia che all’epoca dell’Uomo venuto dal ghiaccio (più di 5.000 anni fa) era cominciata ormai da lungo tempo. Gli aplogruppi degli animali domestici rilevati nei resti di pelle, appartengono per es. a popolazioni animali ancora diffuse sul territorio europeo. La pelliccia del cappello di Ötzi, appartiene, invece, a un orso bruno di una linea di discendenza proveniente dall’Europa occidentale.
Questi primi risultati ci mostrano chiaramente, quanto le ricerche genetiche svolte su reperti archeologici possano contribuire ad ampliare ed approfondire le conoscenze sul nostro passato. I risultati completi della ricerca verranno presentati all’interno del convegno „Ötzi: 25 anni di ricerca“, che si terrà a Bolzano dal 19.-21.9.2016.